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Spiegazione delle cause che impediscono o rallentano la nascita di unicorni in Italia

Tempo di lettura: 5 min

Probabilmente pensando a Facebook tutti noi abbiamo pensato: è un’idea così semplice, avrei potuto averla anche io!

In questo articolo cercheremo di capire perché invece non è proprio così, e che non è un caso che Facebook, come tutti i principali social network, come ad esempio Instagram, Linkedin, Snapchat e la stessa Whatsapp siano nati in Silicon Valley. Cercherò di spiegare perché è impossibile (almeno nel breve e medio periodo) che la prossima Facebook nasca in Italia.

Quali sono i fattori che impediscono il nascere di un nuovo Social Network nel breve-medio periodo in Italia? Ecco un elenco dei quattro principali.

CARENZA DI CAPITALE DI RISCHIO

La vera ed unica prerogativa della Silicon Valley, è che gli investitori sono disposti a finanziare lo sviluppo di un’idea anche se questa dovrà bruciare milioni di dollari di capitale e non produrre fatturato per 5-10 anni. Il che equivale a dire avere investitori disposti a bruciare soldi per anni senza un ritorno dell’investimento. Solo per acquisire quote di mercato. Questo avviene soltanto negli altri ecosistemi più innovativi. Che siano Business Angel o fondi di Venture Capital, è proprio diversa la mentalità. L’obiettivo è quello di ottenere in un orizzonte temporale di 5-10 anni, un ritorno degli investimenti di 10-100 volte il capitale investito.

Il ragionamento che fanno per ottenere questo ritorno è il seguente: prendiamo una tecnologia che sappiamo si svilupperà notevolmente nei prossimi 5-10 anni (oggi ad esempio potrebbe essere l’Intelligenza Artificiale o la Realtà Virtuale), selezioniamo i migliori team che stanno realizzando i modelli di business più interessanti da essere acquisiti o fare IPO (Initial Public Offering) e diamogli soldi per sviluppare la tecnologia ed aumentare il numero di utenti e l’utilizzo.

Anche se in quel momento il mercato è molto piccolo e l’investimento sembrerebbe ingiustificato, dopo qualche anno il mercato crescerà notevolmente ed essere partiti prima costituirà uno dei fattori di successo per ritrovarsi in una posizione di leadership.

In Italia non c’è nessuno così “pazzo” da dare dei milioni di dollari da bruciare nella speranza che si acquisiscano quote di mercato per un dato servizio. In Italia gli investitori vogliono vedere il fatturato.

CARENZA DI AZIENDE CHE COMPRANO STARTUP

Gli investitori in startup, siano essi Business Angel o Venture Capital, esistono perché sanno che nel caso in cui le cose andassero bene, quest’ultima sarà acquisita da un’azienda più grande oppure si quoterà in borsa per raccogliere il capitale necessario a gestire la definitiva fase di crescita e maturazione internazionale.

Un altro fattore che impedisce la nascita di una Facebook in Italia è che non ci sarebbe nessuna azienda disposta ad acquistarla. Facebook stessa è riuscita a consolidare il suo percorso di crescita tramite l’acquisizione di Instagram per diversi centinaia di milioni di dollari e Whatsapp per diversi miliardi di dollari. Questi in realtà sono solo i due casi più famosi, che probabilmente ognuno conoscerà. In realtà la strategia di M&A (Merge & Acquisition) è centrale per la crescita e l’innovazione delle grandi aziende tech della Silicon Valley.

La tecnologia sta cambiando sempre più rapidamente e acquistare una startup con una tecnologia ed un team pronto, è molto più semplice che ricrearla dall’interno. Il costo opportunità del Make or Buy, dove Make=sviluppare dall’interno ed il Buy= compro una startup dall’esterno è abbastanza semplice. Eppure in Silicon Valley le aziende comprano, mentre in Europa e ancora peggio in Italia, le aziende preferiscono sviluppare all’interno la tecnologia, anche se nella maggior parte dei casi non hanno la competenza per farlo e quindi bruciano soldi non riuscendo ad approfittare delle sfide del mercato.

Sia chiaro, questo è ciò che avviene a livello macro. Anche in Italia per fortuna abbiamo imprenditori e manager “illuminati” che hanno capito che comprare startup e tecnologia, anche se potrebbe a prima vista sembrare più costoso, in realtà nella maggior parte dei casi si dimostra la scelta vincente nel lungo periodo.

CARENZA DI EARLY ADOPTERS

Questo è uno degli aspetti più sottovalutati, eppure non meno importante degli altri. In Silicon Valley le persone amano sperimentare nuovi servizi. C’è un approccio culturale aperto e il nuovo piace. Questo fa si che gli imprenditori ed in generale i team che portano avanti nuove idee, riescano a testarle facilmente ed a realizzare le prime metriche di mercato, proprio quelle che richiedono gli investitori per finanziare il progetto.

In Italia invece, abbiamo una cultura più tradizionale da questo punto di vista. E non c’entra l’età. L’età può essere uno dei fattori, ma in generale siamo un popolo meno aperto e meno “pronto” a sperimentare cose nuove. Ovvero, mancano gli Early Adopters: quella categoria che nella curva dell’adozione della tecnologia rappresenta le persone che prima degli altri acquistano un nuovo servizio o un nuovo prodotto. Avrete sicuramente un parente o un amico early adopter: quello che deve sempre essere il primo ad avere il nuovo modello di Iphone o di smartwatch, quello che vi suggerisce sempre le nuove app da installare. In Silicon Valley sono tutti early adopter e per questo motivo costituisce il terreno ideale per testare nuovi modelli di business.

CARENZA DI IMPRENDITORI AMBIZIOSI E VISIONARI

Negli USA c’è il sogno americano. Lo senti nell’aria che respiri, nelle parole che scambi con il vicino di casa. Il sogno americano è ovunque. Le persone considerano i soldi lo strumento principale di autoaffermazione.

Un’ambizione che in Italia è mediamente meno frequente. Noi siamo più abituati alle cose piccole. Per conformazione, storia, cultura è così. Ad una crescita esponenziale, preferiamo una crescita lineare. Passiamo dal lato filosofico a quello reale. Poniamoci nella condizione di riuscire a fondare da zero un’azienda che fattura 10 milioni di euro in 10 anni. Avremmo qualche decina di dipendenti, uno stipendio importante e probabilmente avremmo assicurato anche il futuro dei nostri figli. Per il nostro modo di pensare è già tanto. Nel momento in cui dovremmo rischiare di perdere tutto, per crescere di 10-100 volte in più, ci penseremmo diverso tempo e probabilmente in quel periodo non dormiremmo molto bene.

Ma chi ce lo fa fare?

In America non ragionano così: o tutto o niente. Aver creato un’aziendina da 10 milioni di dollari è comunque tanto, ma non abbastanza. Non ci si può fermare lì, bisogna crescere, arrivare a 100 milioni, poi a 200, poi a 500 e fino ad 1 miliardo. Non ci si ferma mai.

Vi siete mai chiesti perché anche se il made in Italy è riconosciuto in tutto mondo facciamo così difficoltà a replicare il nostro modello in tutto il mondo?

Siamo i più bravi a fare caffè, ma nessuna delle più grandi catene di caffè al mondo (come Starbucks) è italiana. Siamo i più bravi nella ristorazione, ma nessuna delle più grandi catene di ristorazione al mondo, come Mc Donald’s, è italiana.

Perché?

Perché mediamente è molto diffusa in Italia l’ambizione di fondare aziende che siano presenti in tutto il mondo. Noi amiamo una dimensione diversa, più piccola, più sicura e controllabile. Non sto dando un giudizio di valore sul fatto che possa essere giusto e sbagliato. E’ così e basta. Prendiamone atto. Cosa fare allora? Ci fermiamo e rinunciamo ad innovare? Di certo no. Magari la frequenza di Unicorni, ovvero di aziende il cui valore arriva ad un miliardo di dollari, sarà minore. Ma almeno avremo continuato a coltivare un’innovazione diversa, un sogno più in linea con il nostro DNA. Un sogno italiano.

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