L’Option Pool e i primi dipendenti di una Startup

L’Option Pool è uno strumento fondamentale per attrarre e trattenere i primi talenti in una startup. Questi collaboratori non sono né founder né semplici dipendenti, ma persone che hanno abbracciato la visione dei founders, decidendo di condividerne i rischi e le sfide, beneficiando direttamente della creazione di valore. Assumersi il “privilegio” di far parte del primo nucleo di una startup significa affrontare un rischio elevato: l’azienda potrebbe trovarsi in una fase pre-seed, non aver ancora chiara la sua visione e presentare un’elevata probabilità di insuccesso. In queste prime fasi, riservare una quota di equity, sotto forma di stock option, diventa un potente incentivo, sia per esperti professionisti che per giovani motivati. Sottovalutare il peso di un option pool mal strutturato è un errore di molti founder, che può causare diluizioni inaspettate e complicazioni organizzative! 1. Cos’è l’Option Pool e perché è importante L’Option Pool è un paniere di azioni riservate a dipendenti e collaboratori, istituito in vista di un round di finanziamento. Attraverso lo stock option, i dipendenti ottengono il diritto di acquistare azioni della startup a un prezzo prefissato (“Stock Price”). Con questo approccio: Per questo motivo, i primi dipendenti di una startup ricevono dei pacchetti azionari più consistenti, rispetto a chi si unisce “a cose fatte”. Ad esempio, il primissimo dipendente di una startup potrebbe ottenere il 5% delle quote, mentre chi arriva anni dopo potrà contare su una percentuale molto inferiore, se non nulla. In sintesi, più è alto il rischio di entrare presto in una realtà in via di sviluppo, maggiore sarà la quota di equity riservata. 2. Dimensioni dell’Option Pool per fase di maturità Avviare una startup significa strutturare l’Option Pool in modo da attrarre talenti, preservando, al contempo, il valore di founder e investitori. In concreto, la dimensione del pool varia a seconda della fase di maturità della startup. Secondo quanto evidenziato da ricerche di Carta: In ogni caso, è fondamentale equilibrare: Per questo è consigliabile prevedere espansioni graduali dei pool. Nella costruzione del pool è essenziale anche il ruolo degli investitori. I diversi investitori, indipendentemente dalla fase di maturità, richiedono, espressamente, che vi sia una dimensione minima del pool per i dipendenti, per una doppia motivazione: Ogni volta che entra un nuovo investitore, si definisce (o si ricalcola) l’option pool shuffle, che: In sintesi, un option pool mal dimensionato, o non pianificato, può ridurre drasticamente la partecipazione dei founder, fino a far loro perdere la maggioranza delle quote. 3. Vesting, cliff e clausole Il fatto di aver creato un pool di azioni, non implica che i dipendenti potranno immediatamente usufruire delle loro quote: entra in gioco il Vesting. Il Vesting è quella clausola che tutela i soci dell’azienda, secondo cui un dipendente “guadagna” le opzioni nel tempo. Lo schema più diffuso è quello che prevede un arco di quattro anni, con un cliff a 12 mesi: ossia, solamente dopo 12 mesi, si ha accesso al 25% delle partecipazioni promesse. In seguito, a seconda del rapporto contrattuale, (tipicamente ogni anno), si continua a maturare una certa percentuale, fino ad ottenere il 75% mancante (purché non si abbandoni l’azienda). Esistono ulteriori clausole tipiche: E se il dipendente decidesse di lasciare l’azienda prima del previsto? In sostanza, se superato il primo cliff, il calcolo da dover fare è: 4. Option Pool Shuffle: VC Friendly e Founder Friendly Come spiegato in precedenza, quando si apre un nuovo round di investimenti i founder e tutti gli azionisti devono emettere nuove azioni, diluendo la propria partecipazione per permettere l’ingresso di nuovi investitori. Questo processo può seguire due approcci: 4.1 Option Pool – Un esempio pratico di VC Friendly Giuseppina e Michele hanno deciso di fondare una startup, di cui detengono il 100% delle quote e, ad oggi, non hanno assunto alcun dipendente. VC Friendly Founders Valutazione pre-money % di equity pre-investimento 100% 1.000.000€ Nel corso dell’anno, la startup sta crescendo esponenzialmente e non riescono più a svolgere tutte le attività da soli, quindi, Giuseppina e Michele, decidono di assumere i loro primi dipendenti. In vista dell’assunzione, per cercare di fidelizzare maggiormente le persone, decidono di prevedere, in cap table, un pool di azioni riservate ai futuri dipendenti, pari al 10%, attraverso l’emissione di nuove azioni. VC Friendly Founders Employees Valutazione pre-money % di equity per shareholder pre-employees pool 100% 0 1.000.000€ % di equity per shareholder post-employees pool 90% 10% 1.000.000€ Da cui, osserviamo come la partecipazione dei founders è diminuita, mantenendo comunque la maggioranza. Tutto ciò è un aspetto che i founder devono considerare: emettere nuovi pool, senza effettuare una valutazione quantitativa adeguata, potrebbe generare una perdita eccessiva della propria partecipazione, arrivando a perdere la proprietà della società. Giuseppina e Michele, insieme ai loro primi dipendenti, decidono di cercare un primo investitore. A tal proposito, un primo investitore decide di apportare nuovo capitale, in quantità pari a 50.000€, che corrisponde a una partecipazione del circa 5% della società post-money. Quindi, vengono emesse un quantitativo di nuove quote tali da garantire all’investitore una partecipazione del 4,8%. VC Friendly Founders Employees Investitore Valutazione % di equity per shareholder pre-investimento 90% 10% 0 1.000.000€ % di equity per shareholder post-investimento 85,7% 9,5% 4,8% 1.050.000€ Da cui, è fondamentale osservare come la quota dei founder sia stata diluita in entrambe le fasi, arrivando a raggiungere un livello di circa l’85,7%, mentre l’investitore, avendo adottato un approccio VC friendly, non verrà gravato dalle diluizioni. L’investitore, inevitabilmente, preferirà sempre che il pool venga creato pre-money, così che non debba partecipare alla creazione del pool. 4.2 Option Pool – Un esempio pratico di Founder Friendly Giuseppina e Michele hanno deciso di fondare una startup, di cui detengono il 100% delle quote e non hanno ancora assunto alcun dipendente. Founder Friendly Founders Valutazione % di equity pre-investimento 100% 1.000.000€ Dopo un pitch svolto di fronte a una platea di investitori, i nostri founder trovano un Business Angel interessato, il quale decide di entrare immediatamente nella startup, investendo 50.000€, ottenendo, così, il 4,8% del valore post-money. Quindi, vengono emesse un quantitativo di nuove azioni pari ad assegnare il 4,8% dell’equity all’investitore. Founder Friendly Founders Investitore Valutazione % di equity per shareolder pre-investimento
Avviare una Startup Senza Capitale

Avviare una startup senza capitale è possibile costruendo le giuste strategie ed essendo capaci di cogliere le opportunità.
Il Business Angel: i primi investitori per le startup

Il Business Angel è il primo vero investitore per una startup, svolgendo un ruolo fondamentale tra autofinanziamento iniziale e investimenti istituzionali. Il Business Angel è una categoria di investitori che, oltre al capitale, apportano una serie di vantaggi alla startup, come competenze, relazioni, esperienza, ma anche contatti strategici (il cosidetto network). 1. Chi è il “Business Angel” Il Business Angel, noto anche come “Angel Investor”, o “Investitore informale”, rappresenta quella figura professionale che, dotato di un capitale proprio, decide di sostenere progetti ad alto potenziale di crescita. Attraverso l’investimento in equity, l’investitore contribuisce a mitirage i rischi finanziari iniziali, fornendo liquidità, che miri, tendenzialmente, allo sviluppo del prodotto, o all’espansione commerciale. Parallelamente, l’Angel Investor contribuisce anche con il suo know-how e il suo networking: rafforzando il team di startup con feedback operativi, attraendo ulteriori investitori e valorizzando la credibilità del progetto. In sostanza, quindi, il Business Angel è quella figura che, in cambio di capitale di rischio della startup, apporta capitali, diventando socio della startup. Tutto ciò, inevitabilmente, ha portato a definire due diversi modelli di riferimento per parlare di Angel Investor: Tutto ciò, evidenzia come l’Angel Investor è una figura flessibile, che può adattarsi a seconda del livello di coinvolgimento con i Founders, della vision della startup e delle competenze dell’investitore. 2. Gli obiettivi di un Business Angel Il Business Angel, nonostante il suo nome di “Angelo” che trova le sue radici nel mondo del teatro, è pur sempre un imprenditore: il principale obiettivo è sempre quello di generare una plusvalenza dalla vendita, che sia parziale, o totale, della propria partecipazione. Nonostante ciò, poichè il Business Angel è una figura che entra in una fase preliminare della startup, tipicamente in fase Seed, è una persona che, potenzialmente, mira ad andare oltre il semplice ritorno economico, credendo fermamente nell’idea di startup, mirando a fornire anche mentorship e networking, che sarebbero altrettando difficili da acquisire. Il Business Angel potrebbe essere interessato, oltre al ritorno economico, anche al far maturare nuovi imprenditori, nei quali vede delle potenzialità, offrendo loro tutto il proprio bagaglio esperenziale e culturale, elementi dal valore non quantificabile facilmente, come il mero investimento finanziario. Inoltre, gli Angel Investor possono anche essere figure attratte dalla novità: Partecipare ad una startup, permette loro di stare vicino all’innovazione, capirla, sostenerla e, eventualmente, anche influenzarla. Credere nell’idea di startup, e nel suo team, per un Business Angel è fondamentale: 3. Il percorso di un Business Angel 3.1 Selezione dell’idea di startup Il business angel, tipicamente, seleziona le idee di startup nelle quali investirà andando a osservare una serie di aspetti chiave: Attraverso network e contatti, un Business Angel è in grado di ottenere referenze e approfondimenti, circa l’idea di startup, così da prendere una decisione coscienziosa, sull’investire, o meno. 3.2 Due diligence e definizione dei termini Il Business Angel, selezionata la startup, avvia una fase in cui coinvolge legali e tecnici, per verificare la conformità normativa, la trasparenza dei bilanci e la solidità commerciale. Sulla base delle evidenze, si negozia la valutazione pre-money, le modalità di collaborazione e clausole, come una potenziale cessione. La chiarezza è essenziale per stabilire un rapporto di fiducia e collaborazione duraturo. 3.3 Affiancamento operativo A operazione conclusa, il Business Angel assume il ruolo di mentore e advisor: partecipa ai meeting, supporta nella fase di selezione dei nuovi dipendenti e figure chiave, facilita partnership commerciali e sviluppa il network della startup. Questo coinvolgimento attivo accelera le potenzialità della startup, riducendo i tempi di ingresso sul mercato, incrementandole le probabilità di successo. Inoltre, l’Angel Investor fornisce supporto nel monitoraggio costante delle metriche finanziarie e operative, permettendo di individuare eventuali anomalie, aree di miglioramento e quant’altro, in maniera tempestiva. 4. Vantaggi e svantaggi per una startup 4.1 I principali vantaggi L’ingresso di un Business Angel porta benefici tangibili e intangibili per entrambe le parti. Da un lato, la startup ottiene accesso a capitali in una fase in cui le banche e i grandi fondi sono più restii a investire; dall’altro, l’angel diversifica il proprio portafoglio con asset a elevato potenziale di rendimento, pur assumendo un rischio più alto. La stretta collaborazione favorisce lo scambio di know-how e l’adozione di best practice manageriali: ad esempio, l’angel può suggerire l’adozione di metodologie lean per lo sviluppo del prodotto o strategie di entry-market fondate su dati analitici. Inoltre, la credibilità che deriva dalla presenza di un investitore di esperienza facilita l’accesso a bandi di finanziamento pubblici e contribuisce ad attirare nuovi soci industriali e venture capitalist. 4.2 I principali svantaggi per una startup Pur offrendo vantaggi distintivi, l’investimento informale comporta sfide e potenziali criticità. In primo luogo, la selezione delle startup dipende fortemente dall’esperienza e dal network del singolo angel: Il tasso di fallimento delle startup in fase early-stage è notoriamente alto, e l’angel deve prepararsi sia a perdite totali dell’investimento sia a diluizioni in successive tranche di finanziamento. Un altro nodo riguarda i conflitti di governance: la negoziazione dei termini di ingaggio, dei diritti di voto e delle clausole di uscita può generare attriti tra fondatori e investitori, minando la collaborazione. In particolare, questioni quali il controllo strategico possono trasformarsi in ostacoli alla crescita, se non gestite con trasparenza e chiarezza fin dall’inizio. Infine, l’illiquidità dell’investimento rappresenta un limite intrinseco: a differenza di azioni quotate, le quote di startup non possono essere facilmente cedute fino a un evento di exit (acquisizione o IPO), spesso a distanza di molti anni. Tale orizzonte temporale dilatato richiede pazienza e capacità di sostenere l’impresa anche in fasi critiche, oltre ad un’attenta pianificazione fiscale e patrimoniale da parte dell’angel. 5. Le reti di Business Angel in Italia e all’estero Il fenomeno dei Business Angel ha raggiunto la sua massima espansione negli Stati Uniti, dove il concetto è nato e si è sviluppato. Nel contesto europeo, invece, diversi paesi iniziano a sviluppare degli ecosistemi sempre più maturi, con sistemi nazionali e internazionali, facilitando la circolazione di capitali e competenze. In Italia, si stanno sviluppando tutta una serie di reti per facilitare l’incontro tra domanda e offerta, arrivando a
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